Pensieri in moto
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Un'altra notte insonne. Le feste non sono state di certo "feste" ma la vita è così. Nei miei pensieri mi visita uno dei miei "maestri", mi chiama e dice: è ora che ti guardi veramente dentro, parti e vai, non sfuggire alla solitudine.
Ancora non dormo, inizia ad entrare la luce del giorno e il mondo comincia a viverne un'altro. Siamo tutti esseri piccoli davanti a lui.
Decido. Non sono un eremita, un santo, un monaco od altro; se voglio la solitudine ho la mia moto che mi chiama. Devo andare via.
Non faccio ora a pensare dove andrò che sono già vestito. Guardo fuori e vedo una bella giornata, non so se fa freddo, ma penso al fatto che, se fosse una brutta giornata, probabilmente me ne starei in casa.
Mi prendo "il libro", devo leggere assolutamente quelle pagine e capitoli che sono stati così fondamentali per la mia esistenza, prendo anche una coperta, se ne avrò voglia mi butterò a leggere da qualche parte.
Ho deciso, andrò alle Valli di Comacchio, magari all'Abbazia di Pomposa, ma devo andare.
Il pieno. Quanti pensieri in quel pieno. La mia felicità ma disperazione per altri; inquinamento, sfruttamento, guerre del petrolio, Oddio - cominciamo bene.
La superstrada Transpolesana è una noia, la conosco benissimo perché l'ho fatta tante volte in passato per motivi di lavoro. Allora i pensieri hanno tutto il tempo di aggredirmi. I chilometri scorrono, quanto i pensieri sulla mia vita.
Il freddo comincia a farsi sentire. A fine superstrada decido di bere un caffè al primo bar.
Per un attimo appare il robyfofo. Mi metto a parlar con il barista. Avrà la mia età, ma è così tanto diverso da me. Parliamo delle feste, di questi giorni. Vorrei fermarmi qui, parlare con una persona sconosciuta, mettermi a confronto con lui e la sua vita. Non manca la moto come motivo di discussione. Riparto e, mentre indosso il casco, con la coda dell'occhio lo vedo un attimo. I nostri sguardi si incrociano. Forse a capito il mio stato d'animo, il suo sguardo diventa perplesso, non so il perché; forse perché sono in moto?
Riprendo la strada. Per un pò resto concentrato alla strada; la ricordo bene e ogni tanto devo porre attenzioni ai cartelli e confrontarli con i riferimenti presi dalla cartina, ma non sono preoccupato più di tanto, la direzione la conosco e una strada vale l'altra. Lungo la provinciale c'è traffico, niente di speciale ma, la paura delle strade sporche e il freddo che sembra rallentare i miei riflessi mi suggeriscono una guida prudente. Mentre i chilometri passano mi addentro nelle "valli": canali, campi coltivati, sempre meno gente in giro. Passo dei paesini dove non si trova anima viva in giro.
Sulla statale Ve-Fe la musica cambia. Sono sicuramente in una delle strade più trafficate del Veneto e dell'Italia. Non oso immaginare il traffico che c'è di solito nei mesi estivi, con tutti quelli che vanno al mare. Pongo sempre più attenzione alla guida, mi lascio ogni tanto distrarre dall'espressioni degli automobilisti che mi vedono in moto. Per la verità incontro altre moto in strada, che come il solito saluto, ma per gli automobilisti dobbiamo essere proprio gente pazza.
Arrivo all'Abbazia. Non ci sono tante persone. Mi fermo ad un banco per mangiare una piadina, sarà il mio pranzo. Penso alle feste, pranzi, pranzi, felicità nei piatti pieni e nei regali. Penso alla vista delle persone il Natale pomeriggio, hanno tutti una faccia da ebeti. Hanno la pancia piena ma il morale a terra. Osservo la mia piadina, ora ho bisogno solo di questo. Tanta felicità con così poco.
Vago per il parcheggio con la borsa del serbatoio, devo trovare un posto per il mio "raccoglimento personale". Lo trovo, è isolato e la poca gente che c'è non mi noterà per niente. Vado a prendere la moto, la parcheggerò accanto, prendo la coperta e mi metto a leggere. Il mio "maestro" sembra rivivere, mi sorride. Lo vedo nelle foto, vorrei tornare indietro nel tempo, incontrarlo e sentirlo parlare. In meno di un'ora rivivo molte delle mie esperienze, le mie convinzioni, la mia etica, la mia morale. Qualche lacrima appare, penso alla faccia che farebbe una persona che se vedesse ora. Non so se tremo per la temperatura o per la disperazione. Ogni tanto guardo la moto, la vedo accanto a me. Altra disperazione. Ma non è mai possibile che io sia così. In qualche maniera la incolpo, senza di lei non sarei qui, non sarei quello che sono, non avrei conosciuto le persone che ho conosciuto, non avrei fatto le esperienze che ho fatto.
E' ora di tornare. Vorrei essere a casa prima del buio, inoltre la temperatura si sta abbassando. Per qualche momento invidio la macchina, il riscaldamento, la musica preferita. Ma guardo la moto e penso: ora è proprio lei quello che voglio.
Il ritorno cambio strada, non so dove sto andando, non ricordo i nomi dei paesi, ho tempo è posso permettermi di fare anche stradine. Seguirò solo i cartelli stradali.
Un'altra tappa ad un bar. Stavolta il robyfofo se ne sta nascosto. Bevo il mio caffè immerso nei miei pensieri. E' il classico bar di paesino di provincia veneta; uomini di mezza età, pochi vecchi, pochi giovani, nessuna donna; bestemmie, fumo, vino e grappa, la cedrata per gli astemi. Sembra quasi un sogno: è questo il mio futuro? Altra disperazione. Riesco a dire "quanto le devo" e "saluti" con una timidezza che non credevo di avere. Con lo sguardo perso nel nulla prendo il casco, lo indosso e via. Lungo la strada un altro rifornimento, un'altra occasione per non sentire freddo.
Arrivo a casa. Non devo spiegazioni a nessuno anche se mi vedono arrivare infreddolito. L'espressione dei genitori è un colpo al cuore - devono pensare che sia veramente matto. Mi sembra impossibile che nonostante tutti questi anni non si siano messi in "cuore in pace". E' proprio vero: i genitori sono i genitori. Sono stanco; forse stasera dormirò.

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