Non sempre chi ti caccia nella merda è un nemico
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La storia è ambientata lungo la riva del Sile, nel tratto che lambisce la nobile città di Treviso, durante il periodo invernale. Quando l'erba sembra bruciata e gli uccelli volano affamati alla ricerca di cibo.
In particolare, i gracili passeri stremati dalla fatica, come quello che un vecchio signore si è trovato a raccogliere non senza una stretta al cuore, mentre faceva la sua rituale passeggiata utile a tenere in circolo il sangue delle gambe intirizzite, sul fare della sera. Levandosi i guanti, ha cominciato a stringere il passero fra i palmi della mano, nella speranza di riuscire gradatamente a rianimarlo.
Visto che "il passero solitario" non si riprendeva dal morso del gelo, ha cominciato ad accompagnare il tepore della stretta con l''alito caldo del fiato. Altro sforzo vano, nonostante l''impegno profuso senza risparmio di energie.
Stava ormai arrendendosi alla fatalità che dalla nascita del mondo incombe sui mortali, quando il passaggio di un carro tirato da un bue che avanzava scotendo il testone dal quale parevano schizzar fuori gli occhi mesti e rassegnati, non gli ha suggerito d''improvviso una soluzione. Infatti, giusto prima d''incrociare il vecchio signore dall'anima gentile, che teneva tra le mani l''uccellino intirizzito, il bue ha lasciato cadere una "boazza" di quelle da ricordare.
L'udire lo "splash" che ha accompagnato il tonfo dello sterco che disegnava un cerchio per terra, seguito dal fumo levatosi macchia sempre più larga, ha suggerito al buon samaritano un estremo tentativo di salvezza.
Non appena carro e bue sono passati, ha preso l''uccello e con mano lesta l'ha calato nel bel mezzo della "boazza" fumante sulla strada. E'' vero che il tanfo giunto alle sue narici ha per un istante rallentato il suo movimento, tuttavia la speranza che il passero ne avesse un beneficio immediato, l'ha convinto a scegliere il male minore.
E così infatti è accaduto, poiché dopo una prima fase di disagio, al tepore che lo fasciava dal becco alla coda, il passero ha cominciato lentamente a riaversi, aumentando il volume del suo sommesso pigolio.
Disgraziatamente, è stato proprio il suo cinguettare, che ha richiamato dopo qualche minuto l'attenzione di una volpe uscita fuori da un giardinetto dove era rimasta a bocca asciutta nel trovare il pollaio già ripulito dalla padrona che aveva tirato il collo all'ultima gallinella.
Alla vista del passero affondato nella "boazza" maleodorante, la volpe ha girato la testa visibilmente nauseata, sennonché gli stimoli della fame l'hanno ben presto indotta a vincere la ripugnanza, e ad affondare la sua zampa nello sterco per tirare fuori l''uccelletto che dalla vita è passato in un lampo alla morte. Rito compiuto in un baleno, mentre il vecchio della passeggiata stava rientrando a casa, sentendosi un personaggio da libro Cuore.
A questo punto, narrata la favola, è il momento di cavarne la morale, che si può dividere in tre conclusioni.
La prima insegna che non sempre chi ti caccia nella merda è un nemico. La seconda che non sempre chi ti leva dalla merda è un amico.
Infine che non sempre la merda, al contrario di quanto dice un vecchio proverbio, è la sciagura di cui si parla.

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