Vajont 2016
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La partenza è alla 9 del mattino ma, a causa di una colazione al bar ed l’attesa di una ritardataria, siamo in strada per le 10!
Alle 11 siamo arrivati a Faè, un paese a 2,5 chilometri prima di Longarone,  dove pernotteremo. L’hotel è l’Hotel Quattro Valli, via Faè 22, 32013 Longarone.
Dopo la registrazione decidiamo di mangiare qualcosa alla birreria adiacente (in realtà lo stesso locale) ma scopriamo con dispiacere che, nonostante l’insegna fuori di “birreria” non hanno birra alla spina! Va bé, il weekend è lungo; ci rifaremo dopo. Allora panino e birra in bottiglia!

Il primo pomeriggio siamo a Longarone in un lampo. Facciamo le visite “standard”:  la moderna chiesa parrocchiale di Longarone dove all'esterno si possono vedere il memoriale delle Vittime e il piccolo museo di reperti della chiesa precedente denominato "museo Pietre Vive", e il Museo Longarone Vajont – Attimi di storia. Tutto visto e rivisto in numerose occasioni, ma che comunque procura sempre pensieri ed emozioni. Non stanca mai.

La novità è che, di comune accordo, decidiamo di acquistare presso il vicino supermercato una cassa di birra per le occasioni future. La scelta, che si rivelerà vincente, è obbligata ma ottima: Moretti!

Il pomeriggio la parte piú importante del weekend, la diga, che ogni volta che la si vede fa sempre impressione. Scopriamo che la visita e il percorso sul sul camminamento puó essere fatta solo con l'accompagnamento di una guida a pagamento. Decidiamo di farla comunque nonostante il prezzo del biglietto (10 euro).

Il tempo sembra peggiorare sempre di più, con raffiche di vento freddo. Speriamo!
Riusciamo comunque a fare la visita, di un’ora e mezza circa, senza prendere pioggia. Si è rivelata un’ottima scelta. Brava la guida, con la sua spiegazione sempre precisa e di facile comprensione. E’ sempre bello risentire tutta la vicenda del Vajont con date, misure e i nomi dei protagonisti.

Soddisfatti decidiamo di visitare il centro di Casso. Ma prima di un breve giro tra sue splendide vie la sete ci “obbliga” ad una tappa al bar del paese! Altro che tappa! Vino e punch! Il tempo favorisce le soste al bar! Dopo un breve giro per Casso é ora di cena.

Pensiamo di andare verso Erto e mangiare all’Osteria Ristorante Gallo Cedrone - Via Roma, 37, 33080 Erto E Casso. Ottimi secondi preceduti da Prosecco come aperitivo e vino tra il pasto. Dolce e caffè d’obbligo! Schifo! L’ambiente e davvero carino anche se l’atmosfera sembra freddina. Facciamo comunque “festa” con la cameriera!
Dopo aver cenato scopriamo che non è affatto tardi, dato che ci siamo visitiamo Erto nuova e una delle sue birrerie! Altre birre medie!
In giro non c'è proprio nessuno perciò decidiamo di rientrare a Longarone per finire la serata, sperando in una temperatura decente. A Erto ci sono 6 gradi!

Anche Longarone sembra “morta” con alcuni bar ma con poca gente al loro interno. Puntiamo comunque su quello che sembra più frequentato e la scelta si rivela vincente. E’ lo Zama’s Bar - Via Roma, 126, 32013 Longarone. Ottime le birre medie tedesche bevute fino a chiusura! Abbiamo fatto le 1! Superschifo!
Chiudiamo la nottata bevendo una birra Moretti in bottiglia sul balcone della camera d’albergo, anche se fuori fa veramente freddo!
Buonanotte!

La mattina la dedichiamo al Centro Visite di Erto e Casso, che non avevo mai visto in passato. Una piacevole sorpresa! Vale sicuramente la visita.
Il Centro è situato nel paese di Erto, nell’edificio delle ex-scuole elementari del paese. E’ uno tra i più importanti e completi centri di documentazione sul disastro del Vajont e valido punto di riferimento per studi e ricerche.
La prima sezione: “Vajont Immagini e memorie” ospita una raccolta di foto d’epoca. Il percorso vi conduce indietro nel tempo alla scoperta di tradizioni, usi e costumi della gente del Vajont prima del tragico evento del 9 ottobre 1963, fino ad arrivare alla fatidica notte quando l’immensa frana si staccò dal monte Toc.
La seconda sezione: “Uno spazio della memoria” descrive in modo dettagliato e scientifico l’intera vicenda dalla progettazione del bacino idroelettrico del “grande Vajont” fino al processo. Tutto è raccontato attraverso pannelli descrittivi. Inoltre si possono consultare tabelle, grafici e confrontare plastici illustrativi.
Esiste anche una saletta multimediale un cd-rom permette di avere una visione globale sulla catastrofe e di osservare la ricostruzione grafica della frana e filmati originali dell’epoca che non era completamente usufruibile causa mancanza dell’audio.

Finita la visita è ora di pranzo. L’idea originale è quella di mangiare un panino e bere qualcosa ma, come capita spesso, siamo incapaci di programmare!!!
Ci fermiamo all’Osteria Diga del Vajont, Strada regionale 251, Erto e Casso, che scopriamo essere “parente” del Gallo Cedrone della sera precedente; con la stessa cameriera! Alla fine festa! Birretta, vino, primo (buono), vino, caffè, grappa, ancora birra! Il tempo aiuta sicuramente a fare i bagordi. Nuvoloso, pioggia e tanto freddo.

Nel tardo pomeriggio, nonostante il tempo decidiamo di fare in auto la strada che poco dopo il bivio per Casso, gira a sinistra lungo la rotabile costruita sulla grande frana del monte Toc che, in fin dei conti, era una delle cose principali da fare nel weekend! Meno male il brutto tempo altrimenti dovevo farla a piedi e camminare!!! Impressionante il fatto che, a prima vista, sembra di percorrere una normale strada alpina, ma in realtà si è “dentro” la frana!!! In diversi spazi si possono vedere scorci sul monte Toc e la famosa “Emme” di Müller. Sembra così vicina! Impressionante!
Dopo un paio di chilometri la vista si apre sull’intera valle nord del Vajont: si vede Erto, il lago Vajont ed un panorama magnifico.  

L’ultima visita è quella che ho rimandato ogni volta che sono venuto in questa valle, quella al cimitero monumentale di Fortogna.
L’impatto è stato deprimente: come dice un’amica “è una americanata”. Dall’esterno l’edificio che contiene un portale dove si possono vedere alcuni reperti storici e un percorso fotografico relativo alla realizzazione del cimitero stesso e alcune opere ispirate alla tragedia, sembra quello di un’azienda tecnologica americana.
Entro comunque a vedere i cimeli e le fotografie. Non entro per rispetto nell’immenso giardino, un infinito prato verde, sul quale poggiano 1910 cippi marmorei bianchi, uno per ogni vittima della tragedia, a prescindere dal ritrovamento, dal riconoscimento o dal luogo di sepoltura.
Questa ultima visita mi lascia una marea di emozioni e un pò di rabbia per non aver mai visto, nonostante le occasioni passate, il “vecchio” cimitero.
Weekend finito, ripartiamo verso Verona non senza bere un’ennesima birretta!
E non sarà l’ultima...

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